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Il campo di internamento di Ferramonti

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La sinagoga di Ferramonti

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Alcuni internati a Ferramonti

Con l'avvento al potere di Hitler e con l'inizio delle persecuzioni razziali molti furono gli ebrei che fuggirono dalle varie parti dell’Europa trovando un rifugio in Italia.

 Nel 1938 alla proclamazione delle leggi razziali in Italia, mentre l’Ebreo italiano diventava un cittadino di secondo ordine ma pur sempre Italiano per gli Ebrei non Italiani, ne erano già presenti in Italia più di quattromila in maggioranza tedeschi ed austriaci, il destino cambiò radicalmente. il Governo di allora radunò gli ebrei presenti sul territorio nazionale che non avessero avuto la nazionalità italiana per rinchiuderli in campi di internamento tra cui il più grande fu a Ferramonti (Cosenza). Vi è anche una versione storica che vuole la scelta di Ferramonti come luogo estremamente lontano forse anche per proteggere questi Ebrei dall’essere deportati dai nazisti.

Il flusso di immigrazione aumentò moltissimo, questo perché venne dato l'ordine da parte di Himmler di arrestare tutti gli ebrei e così quasi tutta l'Europa divenne una grande trappola. Il Ministero degli Esteri diede il permesso a tutti gli ebrei, che lo desiderassero, di venire ad abitare in Italia, a patto che non si trattasse di persone che avessero partecipato ad attività dei partiti antifascisti. Vennero creati comitati di assistenza per i poveri, mentre per i ricchi si crearono molte facilitazioni fiscali per facilitare il trasferimento dei soldi nelle banche italiane.

 Il flusso si interruppe  con l'entrata in guerra dell'Italia alleata con la Germania. Il Ministero però capì di non poter estradare tutte queste persone, perché' erano già state espulse dai loro paesi d'origine, già entrati in guerra, quindi furono internati in appositi luoghi che potevano essere o comuni di internamento o appositi campi di internamento.  Gli ebrei, anche se con permesso di soggiorno, erano considerati cittadini di paesi in guerra con l'Italia che arrecavano danno alla sicurezza del paese.  Campi di internamento vennero progettati nell'Italia meridionale dove il Ministero aveva già rinchiuso in precedenza gli appartenenti a partiti antifascisti. Alla fine del maggio del 1940 erano pronti più di 4700 posti nei campi di internamento. Fu dato l'incarico alla ditta Parini di Roma di fare dei preventivi per altri due campi di internamento muniti di baracche in legno ed edifici in muratura per gli uffici della direzione. L'unico vero campo di internamento, munito anche di cinta di filo spinato, fu costruito a Ferramonti in provincia di Tarsia in Calabria, nonostante l'apparenza di lager come quelli nazisti, il campo di Ferramonti si trasformò in una vera e propria cittadina munita di scuole, sinagoghe, libreria, asili, circoli culturali, filatelici e addirittura un parlamento interno che aveva il compito di tenere i contatti con la direzione e far risolvere i problemi degli internati. Tra i compiti dei capi camerata c'era anche quello di distribuire i sussidi statali a tutta la baracca. Il parlamento era formato dai capi camerata eletti a votazioni e un capo dei capi che doveva parlare l'italiano per mantenere il contatto con la direzione. Proprio per la sua posizione di estremo meridione italiano, il campo rappresentò la salvezza per molti ebrei che ancora prima che giungesse l'ordine di sterminio furono liberati dagli eserciti alleati sbarcati in Sicilia il 14 settembre del 1943. Il campo poteva ospitare fino a duemila persone, era una vera e propria città di baracche tutte bianche costruite in legno su un basamento di calcestruzzo a pianta ad u. Sulle pareti lunghe potevano essere messi fino a 30 posti letto e il tratto trasversale avrebbe dovuto accogliere i servizi igienici. Il campo era stato messo in una zona paludosa, che con le piogge si riempiva subito di pozze malsane in cui sovente stagnava la malaria, per questo gli ebrei credevano di essere stati rinchiusi in quei luoghi per facilitarne la morte e spesso chiedevano il trasferimento in altri campi. Il campo costò sette milioni. Il 20 giugno 1940 prese il comando del campo il comandante di pubblica sicurezza Paolo Salvatore. Su uno spiazzo polveroso, che al primo accenno di pioggia si tramutava in un lago, sorgevano le baracche costruite dalla ditta Parini spesso con l'aiuto degli ebrei stessi che venivano assunti per mancanza di mano d'opera. Le procedure che venivano sbrigate all'interno del campo subito dopo l'arrivo erano le seguenti: gli internati venivano sottoposti alle formalità burocratiche e subito dopo venivano loro assegnate le baracche. Veniva poi consegnata la dotazione prevista cioè due cavalletti, un’asse, un materasso, un guanciale, due coperte, due lenzuola e un piccolo asciugamano. All'entrata del campo vi erano alcuni edifici in muratura in cui erano alloggiate le guardie, il direttore, la segreteria e la direzione. La guarnigione del campo era composta da: Un segretario, un dattilografo, due motociclisti con moto Guzzi 500 e un'autista con un'alfa romeo 1750. Per il controllo del perimetro era presente una milizia comandata dal capomanipolo Tallarico con delle camicie nere reclutate dai paesi vicini. All'interno invece vi erano dieci agenti di sicurezza agli ordini del maresciallo Gaetano Marrari. Vi era anche un'infermeria diretta dal dottor Rossi, che non aveva nessun titolo, ma dopo molte lamentele venne sostituito da medici internati che riuscirono a creare un vero pronto soccorso funzionante 24 ore su 24 con una farmacia fornita. Il 10 luglio venne reso noto il regolamento del campo che prevedeva: Tre appelli al giorno che poi divennero uno ogni due giorni, non si poteva uscire dalle baracche prima delle sette e dopo le ventuno, non si potevano leggere riviste politiche e non si potevano utilizzare apparecchi fotografici, anche se esistono alcune foto del campo. Il direttore adottò sempre un comportamento di massima tolleranza, anche se voleva sempre che rimanesse un'apparenza di pieno rispetto del regolamento per non subire dei controlli accurati da parte del ministero. Molto presto a causa della zona malsana, alcuni internati morirono per scabbia e malaria e così comparvero delle stelle di Davide anche nel cimitero comunale di Tarsia. Venne aperta una mensa comunale che tuttavia venne subito chiusa a causa del cibo pessimo e venne costruita una cucina in ogni baracca. Nel campo, dopo il decreto che obbligava tutti gli ebrei presenti in Italia a essere rinchiusi in campi di internamento entrarono diversi ebrei provenienti da diversi stati, poiché' non era mai stata cancellata la legge che permetteva l'immigrazione di chiunque lo desiderasse. Con l'arrivo di ebrei da altri stati, come un gruppo di 400 ebrei chiamati Bengasioti perché' catturati in Africa, ma in verità erano ebrei provenienti da Budapest che si erano trovati lì con l'intento di imbarcarsi per la Palestina, viaggio che non avvenne per la conquista dell'Africa da parte dell'Italia e l'arresto degli ebrei. Oltre a questo gruppo erano anche presenti ebrei di altri paesi come: Germania, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria ecc. L'arrivo di tutti questi ebrei che non parlavano italiano e che avevano un modo di vivere diverso da quello degli ebrei già presenti in Italia da diversi anni, provocò diversi problemi all'organizzazione interna che però riuscì a non modificarsi troppo. A Ferramonti, vista la durata della permanenza, si iniziarono a fondare alcuni ritrovi come: la biblioteca che all'inizio disponeva di 68 libri, ma che poi grazie all'aiuto di Israel Kalk si raggiunse la quota di qualche centinaio. Egli inoltre mandava aiuti sotto forma di vestiti e giochi e finanziò la costruzione dei bagni. Si aprirono diversi corsi di lingue e perfino una scuola che seguiva il programma delle scuole pubbliche modificato appositamente per gli studenti presenti nel campo provenienti da diversi paesi. Oltre alla biblioteca e alla scuola si era costruito un Tempio, da cui deriva il nostro Aron, era lungo 35 metri e largo 5, i lati lunghi avevano 5 finestre l’uno, al centro dell'edificio vi era un pozzo per la tevà e L'Haron Hakodesh. Dal soffitto scendevano trenta candelabri in legno con due candele ciascuno. L'Haron aveva anche due tende, una bianca e una azzurra, con al centro un Maghen David di nastro colore oro. Vi erano 400 posti a sedere su panche anche esse in legno. Alla fine del secondo anno, l’organizzazione di Ferramonti, acquistava una nuova figura che era quella di giudice di pace e nello stesso tempo si chiese una parte del cimitero di Tarsia per seppellire i morti ebrei. Il 24 marzo 1942 giunse al campo Riccardo Pacifici, rabbino capo di Genova. Al momento della visita erano presenti nel campo 1400 ebrei. Alla fine del secondo anno venne sostituito il direttore del campo e arrivò al posto di Salvatore Mario Fraticelli. Le cose all'interno non cambiarono molto poiché' anche Fraticelli si dimostrò disponibile e premuroso egli dovette solo limitare il rilascio dei permessi d’uscita, che prima era molto frequente.

Finalmente il 14 settembre giunse a Ferramonti un carro dell’esercito inglese che dimostrava la fine della guerra e la libertà per gli internati. Molti internati andarono sulle colline adiacenti e molti altri, invece rimasero ancora nel campo perché' le loro città di origine erano ancora in piena guerra. Purtroppo, nonostante il campo di Ferramonti fosse stato liberato, in quelli stessi giorni nel nord Italia si iniziò una vera e propria repressione fisica degli ebrei presenti, spesso mandandoli nei lager nazisti. Il campo venne preso dagli alleati e modificato in una base, molti internati si misero al servizio dell’esercito britannico. Il 10 ottobre si ebbe un grande momento di gioia quando arrivò un mezzo di una delle compagnie ebraiche formata da soldati volontari ebrei della Palestina che come simbolo aveva la Stella di Davide sulle portiere. Il campo di Ferramonti fu di molto aiuto ai paesi intorno, perché' all'interno del campo il livello di cultura era molto alto e vi erano  molti medici che potevano aiutare i malati dei paesi vicini

 Quando nel 1943 il campo fu liberato dalle truppe Britanniche, nelle cui file combattevano compagnie ebraiche provenienti dall'allora protettorato della Palestina, la Sinagoga continuò ad operare come Sinagoga militare all'interno del campo che si trasformò lui stesso in base militare.

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